Cratere, Sulmona e gli altri Comuni fuori definitivamente: il Consiglio di Stato dice no


Cratere, Sulmona e gli altri Comuni fuori definitivamente: il Consiglio di Stato dice no

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Con la sentenza numero 6305 del 10 dicembre scorso, pubblicata il 16 gennaio, si mette definitivamente fine alle speranze di rientrare nel tanto agognato perimetro sismico, definito all’indomani del sisma del 2009. Il lume della speranza si era riacceso con la sentenza del 21 ottobre scorso con cui il Consiglio di Stato aveva imposto di rifare l’istruttoria, accogliendo la partecipazione al dibattimento dei comuni ricorrenti (clicca qui). Ora, invece, in secondo grado, la sentenza viene ribaltata – con compensazione delle spese – dal collegio giudicante presieduto da Paolo Numerico, che ha accolto tutti gli appelli della Presidenza del consiglio dei ministri.


SULMONA – Il capoluogo peligno e gli altri comuni che avevano fatto ricorso al Consiglio di Stato sono definitivamente fuori dal cratere sismico.

Con la sentenza numero 6305 del 10 dicembre scorso, pubblicata il 16 gennaio, si mette definitivamente fine alle speranze di rientrare nel tanto agognato perimetro sismico, definito all’indomani del sisma del 2009. Il lume della speranza si era riacceso con la sentenza del 21 ottobre scorso con cui il Consiglio di Stato aveva imposto di rifare l’istruttoria, accogliendo la partecipazione al dibattimento dei comuni ricorrenti (clicca qui). Ora, invece, in secondo grado, la sentenza viene ribaltata – con compensazione delle spese – dal collegio giudicante presieduto da Paolo Numerico, che ha accolto tutti gli appelli della Presidenza del consiglio dei ministri.
“Il provvedimento è purtroppo inappellabile – dice a Rete5.tv l’avvocato del Comune di Sulmona, Guido Blandini (in foto a destra) – ci sono casi in cui ci si può rivolgere alla Cassazione, ma non credo sia questo”.

Oltre Sulmona restano fuori dal cratere anche Roccacasale, Raiano, Crognaleto, Castel Castagna, Isola del Gran Sasso e Bisenti.

Di seguito le sette pagine di sentenza del Consiglio di Stato.

Consiglio Di Stato\Sezione 4\Ricorso del 2011 numero 6305\ Sentenza: Paolo Numerico, depositi tata il 16 gennaio. Consiglieri: Diego Sabatino, Andrea Migliozzi, Estensore: Raffaele Potenza.

Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 3671 del 29 aprile 2011, resa tra le parti e concernente il D.P.C.M. n. 3 del 2009 avente ad oggetto l’individuazione dei Comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la Provincia dell’Aquila ed altri Comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009;
sul ricorso in appello n. 6305 del 2011, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, e Commissario delegato per l’emergenza terremoto in Abruzzo, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;Comune di Sulmona, in persona del sindaco rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Blandini, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Luca Giusti in Roma, via Federico Cesi n. 44, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta; Comune di Rocca di Cambio, in persona del sindaco rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Sulmona;Viste le memorie difensive;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Grumetto e l’avvocato Blandini;Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 6305 del 2011, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Commissario delegato per l’emergenza terremoto in Abruzzo propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 3671 del 29 aprile 2011, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Comune di Sulmona per l’annullamento: del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 16.04.2009, n. 3, pubblicato in G.U. n. 89 del 17.4.2009, avente ad oggetto l’individuazione dei comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e di ogni altro atto e/o provvedimento, connesso, presupposto e conseguenziale; nonché, con ricorso per motivi aggiunti: del decreto n. 11 del 17 luglio 2009, con cui il Commissario Delegato dr. Guido Bertolaso ha apportato modifiche ed integrazioni al decreto n. 3 del 16 aprile 2009. Dinanzi al giudice di prime cure il Comune originario ricorrente esponeva che, in relazione al terremoto che ha colpito il 6 aprile 2009 l’Abruzzo, è stato dichiarato lo stato di emergenza e che, con O.P.C.M. n. 3754 del 9 aprile 2009, è stato dato incarico al Commissario delegato di individuare, con proprio decreto, i comuni interessati dagli eventi sismici che sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della Protezione civile in collaborazione con Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno risentito un’intensità uguale o superiore al sesto grado della Scala Mercalli (MCS), prevedendo altresì l’aggiornamento di tale elenco sulla base dell’ulteriore attività di rilevazione macrosismica in corso di effettuazione e aggiornamento.
Con decreto n. 3 del 16 aprile 2009 il Commissario Delegato per l’emergenza terremoto in Abruzzo ha individuato i Comuni interessati da un sisma di intensità uguale o superiore al sesto grado della Scala Mercalli, tra i quali non è stato ricompreso il Comune ricorrente. Non essendo, inoltre, stato emesso alcun successivo provvedimento volto ad aggiornare tale elenco, lamentava il Comune ricorrente l’illegittimità del gravato provvedimento in quanto affetto dai seguenti motivi di censura:1) Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge sotto i profili della inosservanza della norma di azione attributiva del potere, della assoluta carenza di motivazione, della inidoneità ed insufficienza dei presupposti, in ordine alla esclusione della città di Sulmona dal novero dei Comuni danneggiati dagli eventi sismici dell’aprile 2009. Denunciava l’originario ricorrente come l’elenco dei Comuni danneggiati, contenuto nel gravato decreto, abbia assunto carattere di definitività, in contrasto con l’O.P.C.M. n. 3754 del 2009, che fa espresso riferimento a successivi decreti da adottarsi sulla base dell’ulteriore attività di rilevazione macrosismica, che il Commissario non ha mai adottato nonostante le reiterate richieste rivolte in tal senso, documentalmente supportate dalle risultanze delle rilevazioni effettuate dai gruppi tecnici del Dipartimento della Protezione Civile, successive alla data di adozione del gravato provvedimento, nel dettaglio illustrando i danni subiti per effetto del terremoto. Denunciava, altresì, la carenza di motivazione, non risultando in alcun modo giustificato il discostamento della contestata esclusione dall’elenco – e del mancato aggiornamento di tale elenco – dalle risultanze dell’istruttoria e da quanto rappresentato dall’Ente comunale. Sosteneva in proposito che l’assenza di motivazione poteva trovare giustificazione nella provvisorietà dell’elenco, ma il mancato aggiornamento dello stesso avrebbe radicato tale vizio del provvedimento originario.
2) Illegittimità dell’atto impugnato: vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, errore di fatto, travisamento dei fatti, illogicità manifesta.Il gravato provvedimento si sarebbe discostato dalle regole di ragionevolezza, proporzionalità, imparzialità e giustizia in quanto frutto del non corretto esercizio della facoltà di scelta rimessa all’Amministrazione procedente, che avrebbe altresì determinato una disparità di trattamento per effetto della ricomprensione, nell’elenco, di Comuni che hanno riportato danni simili a quelli del Comune ricorrente. Il Comune ricorrente si riportava alla relazione redatta dall’Assessorato alla Protezione Civile dell’11 giugno 2009, laddove venivano puntualmente descritti l’entità e la tipologia dei danni riportati per effetto del terremoto, equiparabili a quelli del VII grado della MCS, ingiustificatamente non considerati dal Commissario Delegato, risultando conseguentemente l’azione amministrativa basata su presupposti erronei e frutto di un incompleto esame della documentazione.
3) Autonoma impugnativa del silenzio-inadempimento del Commissario Delegato riguardante l’omesso aggiornamento del Decreto n. 3 del 16 aprile 2009.Affermava il Comune ricorrente di aver inviato ai competenti organi la documentazione inerente i danni cagionati dal sisma, con contestuale richiesta di suo inserimento nell’elenco di cui all’O.P.C.M. n. 3754 del 2009 a seguito del previsto dovere di aggiornamento dello stesso, rimasta senza esito, deducendo l’illegittimità del silenzio inadempimento così formatosi, di cui chiede l’annullamento con conseguente ordine alla competente Amministrazione di provvedere sull’istanza.Si costituiva in resistenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, non derivando dall’eventuale annullamento del gravato decreto alcun vantaggio per il Comune ricorrente, e sostenendo nel merito l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia. Con ricorso per motivi aggiunti l’Ente ricorrente ha altresì impugnato il decreto del Commissario Delegato n. 11 del 17 luglio 2009 con cui, nell’integrare il precedente decreto n. 3 del 16 aprile 2009, sono stati individuati altri Comuni colpiti dal sisma con intensità pari o superiore al sesto grado della Scala Mercalli, senza ricomprendervi il Comune ricorrente. Avverso tale decreto deduceva parte ricorrente i seguenti motivi di censura:1) Illegittimità del decreto impugnato per violazione di legge sotto i profili della inosservanza della norma di azione attributiva del potere, della assoluta carenza di motivazione, della inidoneità ed insufficienza dei presupposti in ordine alla esclusione della città di Sulmona dal novero dei Comuni danneggiati dagli eventi sismici dell’aprile 2009. Affermava parte ricorrente come il gravato decreto non superasse i motivi di illegittimità già denunciati avverso il primo decreto, avendo il Commissario Delegato proceduto all’aggiornamento dell’elenco dei Comuni colpiti dal sisma unicamente sulla base degli ulteriori rilievi macrosismici effettuati dai tecnici del Dipartimento della Protezione Civile, senza tener conto delle rilevazioni macrosismiche trasmesse dal Comune di Sulmona successivamente alla data di adozione del primo decreto. Non essendo stato fornito alcun riscontro alle richieste formulate dal Comune ricorrente e non essendo state esternate le ragioni sottese al mancato inserimento dello stesso nell’elenco dei Comuni colpiti dal sisma, il gravato provvedimento sarebbe anch’esso affetto da carenza di motivazione. 2) Illegittimità dell’atto impugnato: vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, errore di fatto, travisamento dei fatti, illogicità manifesta. Anche il decreto gravato con motivi aggiunti si sarebbe discostato dalle regole di ragionevolezza, proporzionalità, imparzialità e giustizia in quanto frutto del non corretto esercizio della facoltà di scelta rimessa all’Amministrazione procedente, che avrebbe altresì determinato una disparità di trattamento per effetto della ricomprensione, nell’elenco, di Comuni che hanno riportato danni simili a quelli del Comune ricorrente.Tali danni, secondo quanto risultante dalla relazione redatta dall’Assessorato alla Protezione Civile dell’11 giugno 2009, sarebbero equiparabili a quelli del VII grado della MCS, risultando conseguentemente il gravato decreto basato su presupposti erronei e frutto di un incompleto esame della situazione dei fatti come documentalmente provata.3) Autonoma impugnativa del silenzio-inadempimento del Commissario Delegato riguardante l’omesso aggiornamento del Decreto n. 3 del 16 aprile 2009.Afferma il Comune ricorrente come con il decreto n. 11 del 2009 il Commissario Delegato non avesse ottemperato all’obbligo di integrare il primo elenco dei comuni colpiti dal sisma, essendosi basato unicamente sulle rilevazioni conseguenti alle scosse sismiche occorse successivamente all’adozione del primo decreto, e non avendo preso in considerazione le rilevazioni macrosismiche successivamente trasmesse, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento così formatosi, con conseguente ordine alla competente Amministrazione di provvedere sull’istanza. Con ordinanza collegiale n. 1746/2010 il T.A.R. disponeva incombenti istruttori a carico del Dipartimento della Protezione Civile, eseguiti il 3 febbraio 2011. Con memoria successivamente depositata il Comune ricorrente lamentava la mancata ottemperanza, da parte della resistente Amministrazione, all’ordine istruttorio impartitole, non avendo prodotto la documentazione inerente gli specifici accertamenti svolti nei propri confronti sulla cui base sono state adottate le contestate conclusioni, denunciando come non si fosse dato conto, da un lato, della corretta applicazione del procedimento volto alla individuazione dell’intensità del sisma sulla base della Scala Mercalli ed affermando la sussistenza di danni che consentono il riscontro quantomeno del sesto grado di intensità del terremoto con riguardo al Comune ricorrente. Discusso, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R., superate le eccezioni preliminari di inammissibilità per difetto di interesse formulate dalla difesa erariale e di carente costituzione del contraddittorio, riteneva infondate le censure proposte sotto il profilo della carente attività istruttoria, assorbendo le rimanenti doglianze e l’autonoma censura sul lamentato silenzio. Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, evidenziando la correttezza dell’azione amministrativa. Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Sulmona, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – In via preliminare, la Sezione intende rimarcare come il presente giudizio, che riguarda i profili del giudizio di cognizione, si collochi in una fase distinta, e giuridicamente antecedente, rispetto ai temi dell’ottemperanza, su cui ci si è pronunciati con le sentenze n. 5112/2013 e 5111/2013 in relazione alle sole modalità dell’esecuzione. Ancora in via preliminare, va sottolineato come il giudizio in appello risulti di ambito molto più limitato rispetto a quello introdotto con il ricorso in primo grado. Per un verso, in assenza di autonoma riproposizione da parte del Comune appellato delle ragioni assorbite da parte T.A.R., ossia i motivi di doglianza non esaminati come pure l’azione proposta avverso il silenzio inadempimento, l’impugnazione deve considerarsi inerente le sole motivazioni messe a fondamento della sentenza, come gravate dall’Avvocatura dello Stato. Per altro verso, anche qui per mancata riproposizione, risultano superate le altre eccezioni processuali di ammissibilità e procedibilità, peraltro esaurientemente indagate dal primo giudice, che possono non essere qui ulteriormente scrutinate, quali quella sulla tema della rilevanza dell’interesse vantato dall’originario ricorrente, che va quindi considerato come assodato; quella sulla sufficienza del contraddittorio, stanti le posizioni degli altri comuni interessati, non aventi tecnicamente la figura dei contro interessati; e quella sull’impugnabilità di entrambi i decreti gravati. Residuano quindi da valutare unicamente le ragioni che il T.A.R. ha posto a fondamento della propria decisione, e che sono state aggredite dal ricorso dell’Avvocatura dello Stato.

3. – Con il primo motivo di ricorso, la difesa erariale censura la sentenza in relazione all’erronea considerazione che i presupposti del rilievo macrosismico dovessero essere le schede di rilevamento dei danni per l’agibilità.3.1. – La doglianza non è conferente. Osserva la Sezione, secondo quanto anche evidenziato nelle difese della parte avversa, come la ricostruzione operata nell’atto di appello, sulla importanza attribuita alle citate schede di rilevamento ai fini dell’affermazione della fondatezza dell’azione proposta, non trovi riscontro nella motivazione della sentenza. Infatti, può certamente concordarsi con l’appellante sulla non utilizzabilità delle schede di rilevamento ai fini della valutazione dell’intensità MCS e ciò sulla scorta del riscontro del tutto lineare dei contenuti delle due ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia. La prima ordinanza, ossia quella del 6 aprile 2009, n. 3753 “Primi interventi urgenti conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito la provincia di l’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009”, all’art. 2 evidenzia che “Presso ciascuno dei comuni interessati dagli eventi sismici possono essere costituiti gruppi di rilevamento per censire, utilizzando la scheda di rilevazione allegata alla presente ordinanza, gli edifici pubblici e privati risultati totalmente o parzialmente inagibili ovvero da demolire perche’ non piu’ recuperabili”. La seconda ordinanza, quella del 9 aprile 2009, n. 3754 “Ulteriori disposizioni urgenti conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009”, precisa invece, all’art. 1 che “Il Commissario delegato individua con proprio decreto i comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 che, sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della protezione civile in collaborazione con l’INGV, hanno risentito un’intensità MCS uguale o superiore al sesto grado”. Si tratta, come si vede, di attività del tutto diverse, per soggetti attributari, modalità operative e funzioni. Tuttavia, e da qui il rilievo dell’inconferenza, la sentenza gravata accoglie il ricorso sulla base di una valutazione di irregolarità procedimentale, posta a cavallo del profilo di difetto di istruttoria e di quello di vizio motivazionale, che non considera per nulla il tema della schede di rilevamento, che non ha quindi efficacia decisionale. Per tali ragioni, la censura non può essere condivisa.

4. – Con gli ulteriori due motivi viene lamentata la contraddittorietà e l’erroneità della sentenza in quanto fondata sul presupposto della non correttezza delle modalità di rilevamento utilizzate, nonché l’ulteriore e decisivo vizio di motivazione della sentenza nella parte in cui evidenzia la mancata esternazione del processo motivazionale adottato per escludere il Comune ricorrente. Trattandosi di censure che affrontano temi che invece il T.A.R. ha valutato contestualmente, pare opportuno procedere ad un esame congiunto, al fine di allinearsi all’iter decisionale seppur tenendo conto del doppio profilo di rilevanza, come evidenziato nell’atto di gravame.4.1. – Le doglianze, sotto entrambi i profili, sono fondate e vanno accolte. Occorre notare come, depurato il processo motivazionale adottato dal T.A.R. dagli elementi ricostruttivi della disciplina dell’attività di rilevazione dell’intensità sismica e della conseguente classificazione delle località sulla base delle relative risultanze, le ragioni giuridiche poste alla base della decisione siano fondamentalmente due. In primo luogo, sotto il profilo istruttorio, il T.A.R., incidentalmente notata la “mancata indicazione dell’Amministrazione e degli autori della scheda, nonché della data di sua redazione”, afferma come “non siano in alcun modo individuabili le ragioni sulla cui base si è addivenuti alle conclusioni ivi formulate come parametrate alle risultanze degli accertamenti svolti che, sulla base di un percepibile iter motivazionale, consenta di porre in una relazione di logica consequenzialità le conclusioni tratte con i dati acquisiti sulla base delle rilevazioni macrosismiche effettuate”.In secondo luogo, dal punto di vista motivazionale, il primo giudice afferma “Né tale iter valutativo, idoneo a dare contezza delle conclusioni tratte con riferimento al grado del sisma che ha colpito il Comune ricorrente, risulta in qualche modo ricostruibile sulla base della documentazione prodotta dalla resistente Amministrazione in esecuzione della disposta istruttoria, riferendosi tale documentazione, in modo indifferenziato per tutte le località, alle modalità di svolgimento delle rilevazioni macrosismiche ed ai criteri di classificazione del grado del sisma, senza dare in alcun modo conto delle valutazioni che la procedente Amministrazione ha effettuato sulla scorta delle rilevazioni svolte ai fini della individuazione, con specifico riferimento al Comune ricorrente, dell’intensità del sisma corrispondente al quinto grado MCS. -o i profili giuridici rilevanti possano essere così sintetizzati”.La Sezione ritiene che la decisione gravata vada rivista, non avendo il primo giudice fatto buon governo delle regole sulla formazione del procedimento amministrativo. In relazione al dato istruttorio, occorre evidenziare il contenuto della scheda compilata dagli uffici del Commissario. In disparte l’irrilevanza dell’osservazione incidentale del T.A.R. sulla “mancata indicazione dell’Amministrazione e degli autori della scheda, nonché della data di sua redazione”, in quanto trattandosi di atti endoprocedimentali vale il criterio dell’imputazione giuridica degli effetti in capo al soggetto attributario della funzione, va notato che la detta scheda, con cui è stata assegnata l’intensità MCS di quinto grado sulla base dei rilievi effettuati l’8, il 22 ed il 27 aprile 2009, effettua la seguente descrizione degli effetti osservati: “Nel capoluogo comunale si sono osservati in genere rarissime lesioni di livello 2 prevalentemente su elementi preesistenti. A Marane lievi lesioni sulle tamponature di un edificio intelaiato e sui cordoli di alcune villette. A Sulmona, danni di livello 1 alla chiesa della SS. Annunziata, chiusa a scopo precauzionale, 1 solo edificio con lesioni di livello 2 (lesione profonda lungo il giunto tra due corpi di fabbrica, per probabile effetto di martellamento), una decina di edifici con lesioni di livello 1 per la gran parte peggioramento di lesioni preesistenti. Dal sopralluogo è risultato che la cattedrale di San Panfilo non ha subito alcun danno ed anche l’area esterna al centro storico non mostra alcuna lesione evidente. In buona sostanza è stato osservato un diffuso e generale stato di degrado preesistente in numerose zone del centro storico ed i puntellamenti di alcuni balconi o transenna menti di tratti di marciapiedi prospicienti edifici fatiscenti sono da considerarsi interventi del tutto estranei al terremoto e che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto ordinare prima ancora ed indipendentemente dal terremoto. Normali le attività quotidiane anche nei primi giorni dopo la scossa.”In concreto, il Commissario ha evidenziato l’assenza di lesioni tali da consentire il riconoscimento del livello di danno sismico necessario per l’inserimento nell’elenco, con una serie di rilevamenti costituiti da giudizi valutativi di fatti. In questo senso, e sarebbe già argomentazione sufficiente, deve notarsi che lo spazio motivazionale della scelta effettuata è correlato alla vicenda in cui è sorta la necessità istruttoria, ossia l’emergenza post terremoto, fatto di per sé idoneo a rendere conto della necessaria sommarietà della valutazione speditiva, funzionale a un pronto e regolato intervento di soccorso. Tuttavia, la questione nodale, quella dove è mancata l’esatta ponderazione del valore processuale dei fatti, non attiene alle modalità di sindacato della decisione del Commissario, ma alla tecnica di accertamento in sede di giudizio dell’esistenza o meno di un fatto. Nel dettaglio, ciò che emerge dalla scheda è una descrizione di elementi inidonei a configurare l’esistenza di un danno, ossia si è di fronte ad un fatto negativo. La regola valevole in questi casi (da ultimo, Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2013, n. 14854; ma è dato del tutto pacifico) è che l’onere della prova gravante su chi agisce o resiste in giudizio non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto fatti negativi. Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. Orbene, nel caso in esame, il Commissario ha posto a fondamento della sua determinazione un’avvenuta valutazione d’inesistenza del danno sismico rilevante (icasticamente, afferma l’Avvocatura che “non c’era nulla da annotare”), mentre non vi è stata da parte del Comune ricorrente una dimostrazione contraria, come invece avrebbe ben potuto e dovuto fare (nei limiti dell’irrilevanza delle schede di valutazione, come evidenziato nella disamina del primo motivo di ricorso). Non vi è quindi spazio per una dichiarazione d’illegittimità della procedura per carenza istruttoria.

In secondo luogo, qualora si potesse leggere la seconda parte dell’argomentazione del T.A.R. come relativa al profilo motivazionale, va ricordato come il sistema del procedimento amministrativo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 6 della legge n. 241 del 1990 ad opera dell’art. 4, L. 11 febbraio 2005, n. 15, valorizza il raccorda tra momento istruttorio e quello decisionale, tanto da imporre l’onere motivazionale in capo all’organo “competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento” nel caso in cui si discosti “dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento”. Il tema della motivazione dell’atto amministrativo è oramai improntato, a livello giurisprudenziale (in dottrina si riscontrano peraltro tesi più articolate), ad una valutazione funzionale (se non addirittura pluralistica) degli obblighi spettanti alla pubblica amministrazione. Superando le impostazioni delle teorie formali, la giurisprudenza afferma, come minima ratio essendi, che la motivazione del provvedimento amministrativo è finalizzata a consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico e giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando, quindi, il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge e facendo valere, eventualmente nelle opportune sedi, le proprie ragioni. Pertanto, la garanzia di adeguata tutela delle ragioni del privato non viene meno per il fatto che nel provvedimento amministrativo finale non risultino chiaramente e compiutamente rese comprensibili le ragioni sottese alla scelta fatta dalla pubblica amministrazione, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle varie fasi in cui si articola il procedimento, e ciò in omaggio ad una visione non meramente formale dell’obbligo di motivazione, ma coerente con i principi di trasparenza e di lealtà desumibili dall’art. 97 cost. (da ultimo Consiglio di Stato IV, 30 maggio 2005, n. 2770; conformemente id., 14 febbraio 2005 , n. 435; id. V, 20 ottobre 2004, n. 6814).Ne deriva che, stante la coerenza tra i profili istruttori e gli esiti decisionali, anche dal punto di vista motivazionale i decreti impugnati appaiono immuni dalle censure proposte.

5. – L’appello va quindi accolto.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 6305 del 2011 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 3671 del 29 aprile 2011, respinge il ricorso di primo grado;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione quarta.

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