Riprendiamo alcuni passi di un articolo delle Acli sui paradisi fiscali che nel nostro Paese deriverebbero da un elemento culturale molto diffuso: la falsa concezione che il fisco non abbia valore sociale. Quanto di più errato!
Infatti la contribuzione fiscale, infatti dovrebbe essere un valore condiviso di civiltà, di coesione comunitaria e di solidarietà deve essere difeso. Noi riteniamo che essa ovviamente deve essere ispirata a principi di trasparenza ed equità.
E’ sempre così?
Le cronache nazionali e locali ci dicono che si potrebbe fare meglio.
Vediamo ad esempio, anche a livello locale, che non sembra che nelle scelte impositivo sia tenuto conto dei soggetti più fragili ovvero che le imposte siano destinate ai servizi indispensabili.
Sono di attualità le carenze del servizio sanitario che, in una comunità con tante persone anziane e una viabilita’ critica, dovrebbe certamente essere più efficiente.
E’ un problema di fondi o di burocrazia?
Di fondi al paese non dovrebbero mancare.
Il bilancio presenza una situazione di cassa invidiabile con circa un milione di euro bloccato. Sul piano delle entrate le tasse sono al massimo con l’introduzione dell’addizionale Irpef e l’avvio della riscossione delle tasse pregresse non pagate da parte del Commissario.
Quello che piu’ rimane impresso e’ una “burocrazia” contabile e/o amministrativa che non pare dia risposte ai bisogni della gente. Il che produce gli effetti dei “paradisi fiscali” ovvero creando “disuguaglianze”.
Insomma noi crediamo che le imposizioni debbano essere trasparenti ed eque ma soprattutto destinate ai servizi essenziali. Ove non sostenibili prima di tutto va tagliata la spesa superflua e sostenute le classi sociali piu’ deboli. La tassazione infatti non e’ obbligatoria ma una scelta discrezionale da motivare nella fase di attivazione e da rendicontare a consuntivo chiarendo nel dettaglio la destinazione.