SCANNO… il Manifesto di Scanno, le 10 tesi sulla valutazione

Scanno al centro della valutazione scolastica

 


Dai lavori di Scanno (seminario 1-2-3 novembre 2013) sui temi della valutazione di sistema, esce confermata l’idea di una valutazione come stimolo alla conoscenza, allo sviluppo e al miglioramento delle scuole.

Tale esito scaturisce da un serrato confronto tra insegnanti, dirigenti, esperti, responsabili Invalsi, docenti universitari, magistrati e sindacati, nonché scuole sperimentatrici.

Non si possono imboccare solo scorciatoie tecnologiche e docimologiche, ma è necessario appassionare tutti protagonisti della scuola, ampliare il focus di osservazione, dagli apprendimenti ai processi didattici ed organizzativi, costruire un dialogo tra la valutazione esterna e autovalutazione.

Tali idee sono confluite nelle tesi conclusive del seminario, costruite all’interno di un gruppo di lavoro e condivise con tutti i partecipanti.

Per arricchire, migliorare e diffondere la cultura della valutazione vi invitiamo ad utilizzare il format per esprimere osservazioni e commenti, o anche per proporre ulteriori tesi

Il manifesto di SCANNO: le 10 tesi sulla valutazione (clicca qui per le tesi in forma grafica)

 

 

1) Una valutazione per conoscere e migliorare

 

Va salvaguardato il principio che ogni valutazione – a tutti i livelli, dagli allievi alle scuole, al sistema – è finalizzata alla conoscenza, allo sviluppo e al miglioramento dei processi educativi, non al giudizio e alla sanzione/premio delle singole performances.

 

Una corretta cultura della valutazione si costruisce attraverso la condivisione, il lavoro di ricerca, la formazione in servizio. Solo attraverso un processo partecipato la valutazione sarà percepita non “contro” la scuola, ma “per” la scuola.

 

L’attuazione del nuovo Regolamento sul SNV (Sistema Nazionale di Valutazione – DPR 80/2013) dovrà essere l’occasione per ricostruire un rapporto positivo della scuola con la valutazione.

 

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2) Valorizzare la dimensione formativa della valutazione

 

Le pratiche diffuse in questi anni (il voto, le pagelle, l’uso dei test standardizzati, ecc.) rischiano di impoverire la dimensione formativa della valutazione. Questa richiede una pluralità di strumenti (prove aperte, semi-strutturate, test, valutazione autentica, dossier) capaci di “descrivere” la progressiva acquisizione di conoscenze, abilità, competenze e non solo di misurarle.

 

Le stesse prove Invalsi dovrebbero caratterizzarsi per il loro carattere “conoscitivo” e descrittivo dei livelli di apprendimento via via acquisiti, ed aiutare a cogliere le connessioni dei risultati con le scelte didattiche e organizzative ed il contesto.

 

La verifica e la necessaria revisione del DPR 122/2009-Regolamento valutazione degli alunni- devono consentire di affrontare questioni aperte come l’uso dei voti, la valutazione del comportamento degli allievi e l’impatto delle nuove tecnologie. Il registro elettronico non dovrà tradire le buone pratiche di valutazione formativa, anzi valorizzarle.

 

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3) Mettere in gioco i processi, i contesti, le professionalità

 

È necessario allargare il focus della valutazione, dai risultati degli allievi ai processi organizzativi e didattici, ai contesti sociali e culturali. In questa prospettiva eco-sistemica entrano in gioco anche le professionalità degli operatori, da valutare, valorizzare e riconoscere (in termini di capitale umano, impegni e meriti, comunità professionale, clima educazionale), quali fattori decisivi per la qualità dell’istruzione. A partire dal ruolo dei dirigenti scolastici, senza escludere gli insegnanti e le altre figure.

 

Le sperimentazioni in atto (es.: VALES) vanno rese più trasparenti e partecipate, attraverso la condivisione delle scelte in materia di strumenti, procedure e risultati. Così pure la formazione dei neo-dirigenti, imperniata sulla conoscenza delle dinamiche della valutazione, deve evidenziare le funzioni di leadership per l’apprendimento e di costruttore di comunità. La elaborazione del “Rapporto di Autovalutazione” non deve tradursi in una procedura burocratica, ma in una occasione per un processo partecipato di miglioramento della scuola.

 

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4) Che uso fare delle prove Invalsi?

 

Le prove Invalsi di rilevazione degli apprendimento non dovrebbero essere solo a campione (come qualcuno pure chiede), perché risulterebbero troppo di nicchia e ininfluenti. Sono informazioni che tutte le scuole dovrebbero avere e gestire; occorre però rafforzare un presidio interno alle scuole per la lettura ragionata dei dati, senza creare ansia da prestazione. Così pure vanno ampliate le strumentazioni valutative interne (banche-dati docimologiche).

 

Va messo in evidenza il carattere conoscitivo, diagnostico, orientativo delle prove e non il loro valore di “giudizio” sul rendimento scolastico. È utile una restituzione di dati che consenta di accompagnare il passaggio degli allievi da un livello scolastico all’altro.

 

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5) Comparazione e rendicontazione sì, competizione no…

 

Va fatto un uso ragionato e interno (non pubblico) dei dati Invalsi, per non creare una impropria competizione tra le scuole, che incentiverebbe fenomeni di cheating e teaching to the test, falsando e strumentalizzando tutto il sistema della prove standardizzate. La comparazione più significativa non è tra le scuole (che dovrebbe riguardare semmai il valore aggiunto apportato dall’intervento della scuola), ma della scuola con se stessa, nel corso del tempo: per collegare i cambiamenti e i miglioramenti riscontrati alla riflessione interna, alle decisioni ed alle scelte didattiche, organizzative e professionali che ogni scuola deve compiere, avvalendosi degli spazi di autonomia (che andrebbero potenziati).

 

La rendicontazione pubblica si ispira a criteri di trasparenza, restituzione, dialogo sociale con i genitori, per costruire un rapporto positivo dell’istituzione scuola con la propria comunità di riferimento.

 

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6) Il Regolamento del SNV va attuato con saggezza

 

Il Regolamento SNV (Dpr 80/2013) presenta una scansione di quattro fasi, che appare coerente: autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento, rendicontazione sociale. Occorre rimarcare questa scansione, per non far coincidere – nell’immaginario delle scuole – la valutazione di sistema con le sole prove Invalsi. Va chiarito e potenziato lo snodo autovalutazione-miglioramento.

 

Le priorità del sistema (ad esempio, quali scuole sottoporre a valutazione, qualità degli Indicatori, ruolo dei diversi soggetti) non sono questioni di natura tecnicistica, ma implicano una responsabilità politica di alto livello (Governo e Parlamento).

 

Il sistema di valutazione va riequilibrato, rispetto all’attuale centralità dell’Invalsi, irrobustendo il ruolo di tutti i soggetti previsti dal legislatore: Invalsi, Indire, Servizio ispettivo (le cosiddette “tre gambe”), prevedendo un ruolo non marginale della “quarta” gamba (le scuole).

 

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7) Serve una quarta “gamba” al sistema di valutazione

 

Le scuole devono avere diritto di iniziativa e di partecipazione attiva al Sistema di valutazione e non essere considerate semplici destinatarie di valutazioni esterne. Questo implica far crescere la cultura della valutazione e le professionalità anche all’interno delle scuole. La formazione degli insegnanti deve considerare il tema della valutazione come oggetto di ricerca e di riflessione sull’efficacia delle pratiche didattiche, in ottica di laboratorio.

 

La formazione in servizio deve essere un impegno permanente e integrante della funzione docente, superando l’attuale collocazione facoltativa, e diventando elemento utile per lo sviluppo professionale anche nei suoi risvolti contrattuali, che devono essere più coraggiosi degli attuali.

 

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8) La certificazione non è un voto

 

Occorre interrogarsi a fondo sul “senso” della certificazione delle competenze nel 1° e nel 2° ciclo. Da un lato apre prospettive interessanti di descrizione qualitativa degli apprendimenti; dall’altro un modello standard nazionale (introdotto nel 1° ciclo) potrebbe burocratizzare, impoverire il valore formativo della certificazione.

 

Meglio sarebbe introdurre una attestazione della progressione degli apprendimenti, con appropriati descrittori delle competenze in via di acquisizione.

 

Si dovrebbe invece irrobustire il valore della certificazione al termine dell’obbligo di istruzione a 16 anni, rendendo più coerenti le pratiche didattiche e valutative quotidiane. Appare forzata l’equiparazione dei livelli descrittivi delle competenze con i voti numerici.

 

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9) Il “valore” (non solo legale) degli esami di Stato

 

L’esame di licenza media appare una gabbia troppo rigida: qualcuno lo vorrebbe spostare al 16° anno, altri lo vorrebbero più snello e “integrato”, altri vorrebbero togliere la prova strutturata nazionale o dargli un peso minore: si dovrebbe comunque dare un peso diverso alle varie prove, mentre l’attuale regolamento parla in maniera riduttiva di “media” aritmetica.

 

È tempo di ripensare anche all’esame di maturità, al suo valore legale (bonus?), alla differenza eccessiva nei criteri tra commissioni e territori, all’eventuale introduzione di prove strutturate, alle modalità del suo svolgimento (per superare la frammentarietà disciplinarista, visibile nella scansione delle diverse prove), alle connessioni con le pratiche didattiche.

 

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10) …

 

La decima tesi scrivila tu.

 

   
 
SCANNO… il Manifesto di Scanno, le 10 tesi sulla valutazioneultima modifica: 2013-11-08T12:27:00+01:00da vivrescanno
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